19 MARZO 2022 /15  MAGGIO 2022

Galleria Palazzo Nicolaci

Via Corrado Nicolaci 18 – Noto (Sr)

Opening 19 marzo  ore 19,00 .

La mostra, che sarà ad ingresso gratuito e visitabile da giovedì  a domenica  dalle 17.00 alle 20.00, è  curata da Paoletta Ruffino, presidente di Altera
Domus, e Carlo Tozzi, founder e art promoter di St-Amsterdam, incubatore di talenti artistici

info 3280998493

Noto – 17 marzo 2022 – Dal 19 marzo al 25 aprile 2022, Galleria Palazzo Nicolaci a Noto ospita
“Da Crisalide a Ribelle”, una rassegna tutta al femminile curata da Paoletta Ruffino, curatrice e presidente
dell’associazione culturale Altera Domus, promotrice dell’iniziativa, e Carlo Tozzi, founder e art promoter
di St-Art Amsterdam, un incubatore internazionale di talenti artistici che sostiene e promuove nel mondo
con spirito mecenatistico. L’esposizione, patrocinata dal Comune di Noto e realizzata con il contributo degli
sponsor, vede la partecipazione di 22 artiste italiane e 2 iraniane. Tra le proposte, spiccano i nomi di: Elisa
Anfuso, Silvia Berton, Erica Campanella, Ilaria Caputo, Alessandra Carloni, Anna Caruso, Antonella Cinelli,
Giulia D’Anna Lupo, Elisa Filomena, Maria Gagliardi, Debora Garritani, Jara Marzulli, Cali la Rebelle,
Angela Regina, Alessandra Rovelli, Grazia Salierno, Roberta Serenari, Milena Sgambato, Tina Sgrò, Ladan
Tofighi, Samantha Torrisi, Nooshin Zokaie. La mostra è visitabile gratuitamente, dal giovedì alla
domenica, dalle 17 alle 20.
Sin dal titolo, la mostra introduce lo spettatore nei luoghi della trasmutazione, nel mistero della
metamorfosi umana, della rinascita, attraverso la metafora della crisalide che da larva si trasforma in farfalla
per arrivare a volare liberamente e sperimentare il senso dell’arte come intensità e forma di vita. La forza
creativa che emerge dalle 80 opere in mostra, tra cui pitture, fotografie, disegni e acquarelli, includendo
diversi lavori inediti, s’impone sulle tenebre di questo nostro tempo, segnato da guerre e pandemie, e fa
sognare il pubblico rigenerando un sopito sentimento di bellezza che lo riconcilia con il reale che ha dinanzi.
La rassegna ibrida suggestioni culturali occidentali e orientali, intrise, come le opere di Ladan
Tofighi, di un sottile “humour noir” teso a spingere l’osservatore ad una riflessione sulla condizione
femminile attraverso un’accesa, caricaturale e ironica narrazione grafica, di vaga memoria dadaista. Come
crisalidi avvolte nelle bende, simili a mummie che si dimenano per uscire dal bozzolo e diventare farfalle, si
presentano, di contro, le metafisiche immagini, ammantate di mistero, della “Città e della Bellezza coperta”
di Nooshin Zokaie che attinge all’inconscio creando un’arte impegnata, mirante a ricostruire la coscienza e
la società umana, mettendo sulla tela quel che gli occhi non possono vedere.
Il tema del labirinto, ripreso da vari artisti in diverse epoche, nella narrativa di Ilaria Caputo è
portatore della metafora del viaggio interiore che l’artista compie dentro se stessa alla ricerca del proprio
destino; una prova iniziatica che sembra materializzarsi nella serie degli autoritratti pervasi da una luce aurea
che ricolma le figure di un sottile erotismo. Conturbanti e oniriche si mostrano allo spettatore le protagoniste
di Jara Marzulli, trasmutate dall’essere crisalide in un sé superiore che va oltre l’apparente erotismo e una
banale provocazione.
Antonella Cinelli consacra alla donna la sua produzione pittorica, raffigurando la femminilità nella
sua essenza immutabile. Le sue giovani protagoniste, belle e sensuali, avvolte in una calda luce dorata, sono
Veneri contemporanee che sprigionano una vitalità sexy e ridestano nello spettatore passioni quiescenti. Il
corpo delle sante disvelate di Giulia D’Anno Lupo diventa metafora dell’autocoscienza e del partire da sé
per raccontarsi. Le protagoniste di Giulia sono sante, in senso figurato, di questo nostro tempo, che
rivendicano rispetto e “devozione” per il loro essere diversamente donna, e la libertà di mostrare il proprio
corpo inteso non come canone estetico idealizzato e sessualizzato, ma come autoaccettazione.
L’artista Alessandra Rovelli mostra, dal 2016, una felice ispirazione nella pittura di paesaggi a cui
attribuisce un significato simbolico: “la strada diventa il percorso di vita, i lampioni o gli alberi possono
essere persone”. La memoria, per Alessandra Rovelli, è un’arte concettuale da salvaguardare, custodire,
arricchire, attraverso un approccio creativo che si presti alla condivisione e narrazione collettiva. I suoi
“Life-Box” sono scatole di cartone rivestite di tela in cui “il colore è dato a pennellate piene, corpose, molto
compatte e ne risulta una materia pittorica ruvida che vuole dare una visione animistica della natura”.
Incuriosiscono lo spettatore a scoprire ciò che contengono, a penetrare il significato e il contenuto dell’opera
attraverso un foglio di carta con delle frasi che fanno riflettere.
Anche l’artista Anna Caruso, nei suoi “Framing Effect”, promuove una pittura simbolista basata
sulla memoria e caratterizzata da sottili straniamenti. “Che memoria hanno le meduse?” E’ il titolo dell’opera
che ne contiene la personale poetica. Elisa Filomena incentra la sua ricerca sulla rivendicazione della figura
del dandy in chiave femminile, ergendosi a paladina della libertà dell’essere contro la più bigotta morale
universale. I suoi raffinatissimi ritratti di donne “dandy” ostentano una bellezza ricercata e compiaciuta, che
non è effimera “Vanitas”, ma pittura vibrante.
Introspettiva e intimistica, impregnata di poesia è la pittura di Samantha Torrisi, volta ad esprimere
il personale interesse per la natura, liricamente interpretata, superando l’aspetto realistico, attraverso un
ricercato cromatismo che per l’effetto sfocato, quasi di foschia, in cui le forme perdono consistenza e si
dissolvono in toni atmosferici e luministici, ricorda molto Turner.
Tina Sgrò mira a rendere nei suoi metafisici scorci urbani di una Milano sognata da piccola, una
sintesi di tempo, luogo, colore e tono, conferendo alla composizione un aspetto di dinamismo, di eco
futurista, in antitesi con l’aspetto statico dei suoi interni di ambiente borghese, stanze dell’anima, trasfigurati
in termini poetici attraverso mirabili effetti di luce riflessa. Citazioni metafisiche, di gusto saviniano,
troviamo anche nelle grandi composizioni della street artist Alessandra Carloni le cui opere sono chiavi
d’accesso alla sua interiorità e spiritualità. Dai suoi lavori emerge un mondo visionario attraversato da città
volanti e da animali meccanici, popolato da giovani protagonisti che si stagliano contro ampie scenografie
prospettiche e deserte, a volte persino inquietanti per la presenza di elementi stranianti che conducono lo
spettatore in un viaggio, come metafora della vita, non fisico ma mentale.
Identità femminile e giochi dell’eros nello sguardo di due grandi fotografe: Elisa Campanella e
Angela Regina comunicano allo spettatore, attraverso una serie di scatti in bianco e nero e piccole foto
vintage polaroid, che il compiacimento per la descrizione del corpo femminile non cerca motivazioni al fatto
in sé, ma il senso di una ricerca artistica. Attratta dalle potenzialità espressive del medium fotografico,
l’artista Debora Garritani affida ad un oggetto: una macchina da cucire, la sua poetica essenzialmente
concettuale, ponendo una profonda riflessione sull’attesa, intesa come valore del tempo vissuto. “Per ora non
ancora” è il titolo dei due lavori in mostra che pongono l’accento sull’urgenza di ricucire il tempo e ripararne
gli strappi.
Sul recupero della memoria storica Maria Gagliardi orienta la sua ricerca incorniciando vecchie
foto di indossatrici degli anni 50 identificative di un’era indimenticabile, e di cui oggi, più che mai, si avverte
la mancanza. Una singolare quanto memorabile foto gallery fa vibrare le corde dell’anima dello spettatore
catapultandolo nella moda di quegli anni che conosce un’autentica rinascita con un look “bon ton” che esalta
la femminilità, l’eleganza e la raffinatezza, e che diventa un messaggio anche per le nuove generazioni.
In chiave psicologica si sviluppa la ricerca di Silvia Berton in mostra con una serie di inediti ritratti di top
model dei nostri giorni, condotti con viva intensità ritrattistica e penetrante efficacia espressiva. Adombrate e
solitarie, graffiate dalla vita, ma dallo sguardo dardeggiante che nasconde un messaggio di rivolta verso i
soliti cliché, si stagliano su un fondo scuro e uniforme che rende più plastiche le forme del corpo e le esalta.
“Credo che il colore sia ad oggi uno dei più grandi gesti di coraggio. Mi distaccai dal figurativo
qualche anno fa. Mi sentivo compressa. Ecco perché lavoro su grandi formati, per creare un palcoscenico in
cui il fruitore si senta scosso”. E’ cosi che Calì la Rebelle spiega allo spettatore la sua urgenza di libertà
espressiva non influenzata da contingenze estetiche e basata su un astrattismo privo di intenzionalità
figurativa che esalta l’espressione artistica come frutto della casualità, della spontaneità, dell’inconscio e
della continua sperimentazione.
Nelle opere di Roberta Serenari dominano scenografie complesse contro cui si stagliano
enigmatiche figure femminili, personaggi di un mondo onirico, di chiara ascendenza dechirichiana, che
stimolano a riflettere e ad interrogarci sulla fugacità del tempo, sul piacere dell’attesa, e sulla paura del
cambiamento. Solitarie ed evanescenti vagano nella tela le giovani donne di Milena Sgambato, tratteggiate
come macchie di colore e luci che ricordano una tavolozza impressionista. Pur nel loro abbozzo sommario e
nella disarmante semplicità compositiva, l’artista è riuscita a raggiungere un perfetto accordo fra
rappresentazione realistica ed evocazione sentimentale.
Elisa Anfuso si lascia sedurre dalla poetica surrealista di Renè Magritte realizzando composizioni
dall’atmosfera misteriosa e onirica mediante inconsueti accostamenti di elementi fortemente simbolici che
innescano nell’osservatore un senso di estraniamento. Se per Magritte la Memoria è la testa di una statua con
la tempia insanguinata, metafora dell’immortalità dell’arte che diventa testimone dello scorrere del tempo,
della vita e della morte, allo stesso modo una serie numerata di ritratti di giovani donne fiorite, con corna da
cervo, occhi bendati e sanguinanti, rappresentano una chiara metafora della Metamorfosi ovidiana: “Tempux
edax rerum” fonte d’ispirazione per l’artista per i tre soggetti in mostra “Del tempo che divora le cose”,
personificazioni del tempo che consuma e trasforma ogni cosa, indipendentemente dalle vicende umane,
perché nulla resta in eterno.